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Il Blog LeMani

Ayurveda e dintorni

       

10 Febbraio 2020

La Passione

 


È il fuoco che cuoce, che trasforma. Senza passione non si fa niente.
Per tenere costante il fuoco della passione occorre mangiare sempre un po’ di peperoncino, che infatti è un potente afrodisiaco (ne parliamo al corso di Rasajana, il ringiovanimento).
Il fuoco della passione attiva l’intelligenza, il fuoco della mente, il terz’occhio Staphani Marman. La nostra capacità discriminativa.
La mente è lucida e il cuore batte. Fantastico, due piccioni con una fava.
Come dice il mio Maestro: “Io non sono un corpo, sono anche un corpo”.

Quando cambiamo questa visione di noi stessi cambiamo molto. In Ayurveda si considera una grave causa di squilibrio l’errata interpretazione della mente, quando questa considera in modo errato il nostro corpo. La mente è confusa e commette l’errore di confondere il soggetto con l’oggetto di percezione. In pratica interpreta il mio corpo come fossi io.
Ma come ho detto: “Io non sono un corpo, sono anche un corpo”.
Il corpo invecchia, si imbruttisce, si copre di rughe, si riempie di malanni.., ma lo consideriamo sempre noi, nonostante alcuni sgradevoli cambiamenti. Lo consideriamo all’interno della nostra pelle, mentre tutto il resto è fuori.
In un testo sacro, la “Tavola smeraldina” si dice:
“Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare il miracolo della cosa una”.
Verso l’interno del corpo ci sono diversi, infiniti universi. Verso l’esterno altri diversi, infiniti universi. È il miracolo della cosa una. E noi ci limitiamo a questo pezzetto di universo che è la nostra forma fisica, separata da tutti i suoi infiniti interni ed esterni.
È questo pezzetto, questo corpo, che ora cuociamo nel forno per trasformarlo.
Cuoci a fuoco lento. Ricordati, il fuoco della passione mediato dall'acqua.
Con presenza e concentrazione.
La nostra mente razionale ci dice di occuparci d’altro. Occupiamoci di mangiare, di fare soldi, occupiamoci di prevaricare sugli altri, occupiamoci di produrre, possedere, accumulare.
Lo studio del corpo lasciamolo alle facoltà di medicina, ai chirurghi, ai medici ai quali ci rivolgeremo in caso di bisogno. E le riflessioni profonde su chi siamo lasciamole a chi ha buon tempo.. a chi non ha niente di meglio da fare.
Il fuoco basso sciogle e trasforma il nostro corpo solido, finito, limitato, e ne rivela la sua complessità, la sua infinità.
“Se non fate incorporei i corpi è tutto inutile”.
Ci vediamo al corso per continuare.. :-)

 

Corso di Rasajana, il Ringiovanimento

 

09 Febbraio 2020

Il corpo e la trasformazione

 

 

L’antico libro di Artefio cita:
“Se non distruggete questo corpo e non lo imbevete e triturate accuratamente sino ad eliminare la sua densità e a convertirlo in spirito tenue e impalpabile, lavorate invano”.
E penso alle mie lezioni e a quelle da cui ho imparato.
Dove parlo del concetto di corpo grossolano e corpo sottile, quello nascosto. Parole strane che possono spaventare. Nel linguaggio alchemico il corpo va messo in forno, nel forno della mente e così lo cuociamo.
E ogni cottura è una trasformazione.
Trovo una antica immagine, dove un uomo sta infilando un rospo sotto il corsetto di una donna. E leggo che a volte il corpo viene definito come un “rospo da mettere in seno a una donna perchè lo allatti”.
E ricordo le nostre fiabe, sempre ricche di alchimia, dove il rospo si trasforma in principe.
Il corpo è solitamente considerato mortale, per questo abbiamo inventato i cimiteri. Non che sia tanto d’accordo, visto che secondo gli antichi, e secondo le mie convinzioni, nulla è mortale nel senso che finisce, ma ogni cosa si trasforma in qualcos’altro. Così in natura, nel campo fisico e in quello etereo.
Il corpo viene trasformato, cotto appunto da un fuoco. Prima di “morire” cioè prima di trasformarsi in altra materia, avviene una trasformazione attraverso il fuoco della nostra mente.
E per bruciare bene il fuoco deve essere basso, lento.. e sempre acceso. Come sa fare una donna, che ha la pazienza di cuocere lentamente, perché solo così avviene una buona cottura.
La mente trasforma lentamente, in modo continuo e tranquillo, un po’ come fa il respiro.
E chi mi conosce sa quanto valore io dia al respiro.
Fuoco basso vuol dire presenza e concentrazione, come quando accendi il caminetto. Devi curarlo con attenzione perché non si spenga, aggiungere legna un po’ alla volta, spostarla per farle prendere ossigeno.
Una cottura lenta come quando cuociamo a bagnomaria. Maria l’Ebrea era una antica alchimista e diede il suo nome a questo tipo di cottura. Una cottura con l’acqua, una cottura lenta, e come sappiamo il dosha Pitta, in Medicina Ayurvedica, è composto da Fuoco + Acqua. Perché il fuoco per cuocere bene e lentamente deve avere acqua con sè..
Il calore dell’acqua simboleggia la passione del lavoro interiore. In questo modo cuoce lentamente la sostanza senza rischiare di bruciarla.
È così semplice.
Se ti prende la passione, il fuoco puro, ti bruci. Ti puoi rovinare per eccesso di passione. Un fuoco basso e continuo, controllato dall’acqua, non è violento e trasforma correttamente.
La nostra natura non è per la trasformazione veloce.
Impariamo facendo esperienza, con tempo e dedizione. Solo così apprendiamo, trasformiamo, evolviamo. La pazienza permette al bucato di asciugarsi al sole senza bruciarsi e perdere i colori.
Il lavoro interiore è semplice e pratico, come ogni cosa abbisogna di pazienza.
Prima viene l’esperienza pratica e poi la comprensione dei testi.
Ci vediamo al corso.. :-)

 

Corso di Rasajana, il Ringiovanimento

  

28 Ottobre 2019

Il gusto del respiro 

 

  

Il gusto del respiro.
Come diceva il mio Maestro: le mente-scimmia accorre subito quando ci sono movimenti.

La mente vuole vedere subito cosa succede, se le diamo da fare un movimento dietro l’altro, oppure la educhiamo al rallentamento, lei rimane presente, non si stacca da quello che sta succedendo.
La mente è curiosa, golosa di vedere cosa succede.
Ora la esercitiamo al Respiro.
Ma non è tutto così immediato, il respiro richiede pazienza, provare e riprovare. All’inizio sei tu che porti la mente sul respiro e la posi lì. Poi, dopo che l’intenzione l’hai portata lì, la mente si posa da sola sul respiro. Impara a volerlo e a gustarlo, le piacerà.
È come educare il palato a un gusto raffinato, all’inizio il gusto non si sente nemmeno. Il palato è abituato a gusti forti e grossolani, così il respiro è abituato al semplice atto automatico di inspirare ed espirare.
Così come il palato se educato piano piano si accinge a sentire e gustare cibi raffinati dalle sottili emozioni, così la mente si poserà su un respiro consapevole e raffinato.
Le piacerà e ci rimarrà sempre più volentieri.
Ora gli esercizi li faremo insieme..

     

22 Settembre 2019

L'Intenzione

 

  

L’Intenzione.

È una azione sottile, difficile, è un movimento della mente, non del corpo. L’intenzione è un “sentire”.

Quando senti l’intenzione, allora la tua presenza si allarga e l’azione che ne segue diventa completa e consapevole. È la mente che mette in movimento la materia.

Essere presenti significa esserci. Essere distratti significa non esserci, essere sempre da un’altra parte e non saperlo.

La presenza insegna alla mente ad essere duttile, ad andare dove l’intenzione vuole portarla. C’è un trucco per imparare ed esercitare la stabilità della presenza.

Si chiama “concentrazione”...

E per imparare questo utilizziamo il respiro.. il respiro è sempre con te, basta imparare a posare la mente sopra di esso per tutto il tempo..

  

Chiudi gli occhi.

È necessario solo all’inizio, per gustare la concentrazione tranquillamente, ma poi lo faremo ad occhi aperti, senza farci distrarre dalle cose attorno a noi.

Ora percepisci il respiro, dove lo senti? Nella pancia, nella gola, nel petto.. ?

Benissimo, per ora il respiro è solo un movimento fisico, il diaframma che si muove, l’addome che si contrae.

Ascolta, c’è una percezione più sottile, all’interno delle narici. Posa la mente sulla sensazione dell’aria che entra ed esce dalle narici.

Ascoltane il movimento, il calore o il freddo, l’umido o il secco..

Ascolta.. e poi continuiamo..

     

09 Settembre 2019

La Presenza

 

  

Una mente duttile è una mente che ha spazio per le emozioni, le distrazioni, le ferite, le paure, i progetti, gli affetti ... C'è spazio per tutto questo, non dobbiamo eliminare niente, nella mente ci sta dentro tutto.

Senza impazzire però, perché tutto questo, quando prende il sopravvento, toglie la cosa più importante di cui necessitiamo: la Presenza. 

La nostra mente è grande, enorme, contiene tutto, è fatta di tante "menti" tutte utili ma alcune più forti di altre. Per il nostro bene la mente più importante va tenuta sempre in primo piano: è la mente lucida, in parole semplici è la Presenza. 

Ogni azione, ogni gesto, quando lo si fa profondamente con consapevolezza, quando lo si fa con attenzione totale e dedizione, pienamente, allora c'è Presenza.

Come la sviluppiamo ? ecco qui il nostro allenamento:

ti passo un piccolo segreto.. per applicare la Presenza in ogni azione il trucco si chiama Lentezza.

Pronti per gli esercizi.. si continua..

   

Solleva lentamente il braccio destro avanti a te.

Più lentamente.

Ancora più lentamente, e sii presente durante ogni movimento del braccio. 

Alzalo molto piano.

Puoi impiegare anche un paio di minuti per alzarlo fino ad averlo più in alto possibile.

Chiudi gli occhi e senti tutti i movimenti, con grande lentezza.

Ora stendilo completamente, come se dovessi prendere un barattolo da uno scaffale molto alto. Senti la tensione dei muscoli, il peso del braccio.

Apri la mano molto lentamente e prendi il barattolo. Tutti i movimenti avvengono molto lentamente.

Ora abbassa piano il braccio. Senti che lentamente si abbassa la tensione, e scompare del tutto quando posi il barattolo in basso sul tavolo. Ora il braccio si rilassa.

Tutti i movimenti sono molto lenti, lentissimi, e ti daranno una strana sensazione.

Hai qui sviluppato la lentezza, e ciò ha portato ad una totale Presenza in ogni tua azione.

Ripeti questo esercizio diverse volte durante la giornata.

Piano piano imparerai ad applicare la Presenza in ogni tua azione.

 

Corso Pariksha - le diagnosi ayurvediche

  

07 Settembre 2019

Gli occhi e la Mente

 

    

L'uomo e stato progettato e "costruito" dalla natura in modo da avere 5 organi di senso principali e 5 organi di azione principali. Gli organi di senso, come ci hanno sempre insegnato, sono la vista, l'udito, l'odorato, il gusto, il tatto. Non ci hanno spiegato come mai 4 di essi si trovano sulla nostra testa mentre il quinto si espande su tutta la nostra pelle, quindi sul nostro strato fisico materiale (annamayakosa). La risposta sta nei 5 elementi della natura, i Panchamahabuta. E i nostri sensi sono strettamente legati ad essi.

L'odorato è legato alla terra, infatti ogni odore nasce dalla terra, e da ogni elemento presente in essa. Il gusto è collegato all'acqua, infatti la lingua percepisce i gusti perché umida, una lingua secca non sente nulla. L'udito è funzionale attraverso l'aria che veicola i suoni, mentre gli occhi sono collegati al fuoco, la luce, il sole, la vita.. e il tatto? l'unico organo di senso esteso su tutto il nostro corpo.. l'etere, il quinto elemento, lo spazio che tutto contiene.

La vista è il nostro senso più importante, perchè diretto alla luce, il fuoco, la fonte della vita.

Non è un caso che tra esseri viventi ci si guardi negli occhi. E' un movimento naturale, ogni animale persino una tartaruga vi guarda dritto negli occhi.

Quando i nostri sguardi si incontrano comprendiamo molti aspetti profondi. 

  

I nostri occhi sono i percettori della luce e sono in diretta connessione con la nostra ghiandola pineale (la luce della mente). Guardando gli occhi percepiamo la gioia, la tristezza, il dolore, la felicità. Occhi luminosi pieni di luce o annebbiati da una difficile esperienza di vita, comprendiamo un desiderio, una volontà di avvicinarsi o allontanarsi. Sentiamo la profondità dell'essere umano.

Tra tutti i nostri sensi, i 5 organi di percezione della realtà, gli occhi sono i più importanti, i più affidabili, i più completi.

Chiudiamo gli occhi, così da non avere distrazioni, portiamo la nostra lingua aderente al palato, così da spegnere il chiacchiericcio dei nostri pensieri, e rimaniamo in semplice ascolto delle nostre sensazioni interne alla mente.

Portiamo la nostra attenzione, completamente, verso tutto ciò che percepiamo attraverso il senso dell'udito. Ascoltiamo i rumori, ma soprattutto ascoltiamo il senso di spazio attorno a noi. Attraverso l'udito ci facciamo una idea della profondità degli spazi che abbiamo attorno, percepiamo le distanze attorno a noi, la sensazione di vuoti e pieni, la dispersione dei suoni, gli echi, la qualità dei suoni, la percezione di superfici che attutiscono o riflettono. Anche senza vedere percepiamo lo spazio, naturalmente on alcuni limiti. Non percepiamo ad esempio i colori e nemmeno la luce. 

Ora apriamo leggermente la bocca e "ascoltiamo" lo spazio attorno a noi attraverso il gusto.

Portiamo tutta la nostra attenzione, completamente, alle sensazioni che proviamo attraverso la nostra lingua. Sentiamo il sapore dell'aria, la freschezza o il calore, la presenza di dolce o amaro, la qualità di un'aria pulita o inquinata. Faccio uscire leggermente la lingua dalla bocca e cerco di percepire lo spazio. Anche in questo caso non sentiamo i colori, la luce, e molti altri aspetti attorno a noi.

Portiamo ora attenzione, completamente, al senso dell'odorato. Inspiriamo profondamente e lentamente e quindi rilasciamo lentamente l'aria attraverso l'espirazione. Ascoltiamo l'aria che entra nelle nostre narici, la sua freschezza, gli odori delle cose, di tutto ciò che sappiamo essere attorno a noi. Tutto ha un odore, persino le pietre, persino lo spazio. Ci creiamo una spazialità del nostro intorno attraverso il solo senso dell'odorato.

Possiamo fare lo stesso esperimento anche con il tatto, allargando le braccia e dilatando le dita. Sono le nostre antenne, muoviamole lentamente nell'aria. Percepiamo presenze, oggetti e limiti anche senza toccarli. Li sentiamo, anche se forse non ci crediamo, attraverso un nostro strato invisibile, che si estende oltre la nostra pelle (pranamayakosa).

 

Ora lentamente portiamo i palmi delle nostre mani sopra le palpebre chiuse degli occhi.

Rimaniamo alcuni secondi in questa posizione rilassando la mente, senza pensare a nulla.

Ad occhi chiusi rivolgiamo lo sguardo verso l'alto, ruotando i globi oculari, per 3 secondi. Poi rivolgiamo lo sguardo verso il basso per 3 secondi, poi a destra e quindi a sinistra. Toniamo a rivolgere lo sguardo al centro. 

Scivoliamo leggermente con le mani fino a trovarci con gli occhi posizionati sotto le nostre dita chiuse. Apriamo gli occhi lentamente, e vediamo l'oscurità causata dalle nostre dita chiuse davanti i nostri occhi.

Ora molto lentamente iniziamo ad allargare le dita, lasciando così filtrare la luce. I nostri occhi, lentamente, si abitueranno alla luce e permetteranno una percezione dello spazio attorno a noi chiara e completa. Ora ci saranno colori, forme, spazi molto chiari, ora tutto ciò attorno a noi appare comprensibile, vario e senza dubbi, e le sensazioni degli altri sensi diverranno complete.

   

Corso Pariksha - le diagnosi ayurvediche

     

        

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